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Alcuni lo fanno ( purtroppo ) ai pappagalli.eso71 ha scritto:Mi è stato detto che il taglio delle ali di canarini o papagallini piccoli è cosa usuale per l'addomesticamento di questi animali.
Non parlo di taglio totale....taglio parziale.
Io, da inesperto sono rimasto...così:![]()
Mi è stato detto che poi le ali ricrescono. La cosa mi sembra così assurda che sono corso qui a chiedere consulto.
Ma è vera 'sta cosa?
.IO MI OFFRO VOLONTARIO AL TAGLIO DELLE
UNGHIE, TANTO RISCRESCONO, MA CON LA
TENAGLIA A QUESTE PERSONE
verissimo i pappa appena nati mangiano anche di notte (ogni 2 ore circa)Lotte ha scritto:, passando anche notti insonni, .....
Beh, direi che questa è una questione totalmente diversa, dato che non c'era scelta se si voleva salvare la vita dell'animale... che c'entra una questione di vita o di morte con un atto di ignoranza e/o sadismo puro?Posso dire con tanta ONESTA che ha volte per salvare
un soggetto ho dovuto amputare un ala una zampa,
ma anche a soggetti selvatici
Glue ha scritto: ↑25 febbraio 2020, 0:22 Quanta ipocrisia su questi argomenti. Perdonatemi, non intendo offendere nessuno, trovo piuttosto che l’ipocrisia alla quale mi riferisco sia inconsapevole, o meglio frutto di una emotività istintiva e poco razionalizzata. È qualcosa che nasce dal cuore sensibile di chi ama gli animali, e per questo comprensibile, ma giustificabile non oltre una certa misura.
Scrive una persona che si definisce animalista, ma che sa che difficilmente può esserlo fino in fondo, in senso puro. E ora vengo e mi spiego.
Parto dall’idea che chiunque, ovunque e in qualsiasi momento scelga scientemente di possedere un animale domestico, qualunque esso sia, ha già finito di essere animalista e ha già commesso il peccato originale. Da lì, non si torna più indietro.
Quando scegliamo di possedere un animale domestico, dai più classici ai più esotici poco importa, abbiamo già fatto loro un torto immenso. Gli abbiamo negato la piena realizzazione nel loro contesto connaturato, quello d’elezione, ovvero la natura selvaggia. E non si dica che siccome tale esemplare è nato in cattività blabla, questo discorso è più ampio e prescinde da queste considerazioni che, almeno fin qui, sono di futile importanza. Basterebbe obiettare che se nessuno avesse voglia di possedere animali domestici e nessuno ne acquistasse non esisterebbero gli allevamenti e la tanto declamata cattività.
Da amante degli animali, penso sinceramente che in un mondo ideale gli animali domestici non dovrebbero esistere, e un vero animalista, puro e onesto fino al midollo, dovrebbe accontentarsi di poterli osservare nel loro habitat, ammirarne la bellezza, la magnificenza e forse poter sperare in qualche striminzita interazione compatibile con il loro stato brado.
Sono convinto di questo perché ho posseduto e amato svariate decine di animali nel corso della mia vita. E di ogni genere, gatti, cani, conigli, oche, anatre, canarini, pappagalli, tartarughe e molto altro ancora. Ciascuno di questi animali è sempre stato per me un membro della famiglia, un amico, un compagno, a prescindere dal livello evolutivo della specie. Ciascuno di essi mi ha sorpreso con una propria e tipica intelligenza e con il proprio modo di mostrare affettuosità e legame.
Ad ognuno di essi, ho cercato di regalare l’esperienza di vita domestica più simile possibile alla loro condizione in natura, non facendogli mai mancare spazi e libertà o qualunque altra cosa peculiare del bisogno di questa o quella specie.
Me lo sono anche potuto permettere vivendo in campagna e in mezzo alla natura, perché molto probabilmente non avrei fatto nulla di tutto questo tra le mura di un appartamento.
Prendiamo ad esempio uno dei più amati compagni animali dell’uomo, il cane. Ho avuto magnifici esemplari di questo favoloso animale e ho potuto conoscerlo intimamente e profondamente. È probabilmente una delle specie che meglio si adattano a una vita domestica, ma resta pur sempre un adattamento, con quello che ne consegue. O qualcuno pensa che quelle zampe e quelle unghie si siano evolute nel corso dei millenni per parquet e divani? O che il loro straordinario fiuto e senso dell’udito si sia evoluto per essere utilizzato dentro un appartamento?
No amici, il cane è fatto per correre libero tra boschi e praterie, per cacciare prede, per scavare fosse, per fiutare piste per chilometri e molto altro ancora. E fa tutto questo in branco, come i suoi più prossimi parenti, i lupi, ma qualsiasi altro canide si voglia osservare in natura (sciacalli, dingo, volpi, coyote etc) è facile farsi un’idea di come sia fatta la vera vita di queste creature.
Ora prendendo un cane e relegandolo ad un appartamento, nonostante tutto l’amore del mondo, le coccole, le cure, i cibi selezionati con cura, le passeggiate al parco e ogni altra offerta che un ipotetico padrone perfetto può far loro, lo avremo comunque mortificato. Gli avremo offerto un simulacro, più o meno fedele, di ciò che la sua esistenza dovrebbe essere. Una fiction. Che sia ben prodotta e realizzata o di serie B poco importa, è comunque una fiction, e la realtà è ben altra cosa.
Ho fin qui fatto l’esempio del cane proprio perché è uno tra gli adattamenti più riusciti, ma nonostante questo si riscontrano comunque gravi mancanze.
Andiamo invece ai volatili. Ho sempre pensato che loro insieme ai pesci fossero tra le specie più mutilate dalla domesticità. Animali strutturati e concepiti per spazi infiniti e libertà inimmaginabili costretti a gabbie e acquari.
Quando mi regalarono il mio primo volatile, un canarino maschio giallo, avevo sei anni. Ho impiegato circa due minuti per liberarlo dentro casa, dal momento in cui me lo consegnarono. Non riuscivo a vederlo là dentro, e così cominciò. Riuscii col tempo e la pazienza a costruire una relazione con lui, uno scambio, una fiducia, e così trascorse la sua esistenza per oltre il 70% fuori da una gabbia, libero di svolazzare per casa e interagire coi membri della famiglia. Fu solo il primo di una lunga serie, poi passai ai pappagallini e successivamente ai cugini più grandi. È indubbiamente un’esperienza magnifica e gratificante oltre ogni aspettativa, ma più ci rifletto e più mi convinco che per quanto i miei volatili abbiano vissuto vite piene di attenzioni, affetto e libertà di movimento, quella che io ho dato loro è solo una gabbia più grande.
Comunque la si voglia mettere, un uccello in gabbia è un uccello in gabbia. E non c’è altro da considerare. Quello che ho offerto loro, e che tutti noi possiamo offrire loro, è meno che una pallida ombra di una esistenza compiuta. Un uccello che vola dentro casa ha un tetto sulla testa. Fa qualche svolazzata in orizzontale da una camera all’altra, o dal trespolo al nostro braccio. Qualcuno pensa seriamente che questo sia volo? Non lo sarebbe nemmeno se parlassimo di galline.
Io non ho mai, e dico mai tagliato le remiganti di un mio pappagallo o qualunque altro uccello, l’unica esperienza che ho potuto avere in tal senso è stata prenderne uno al quale tale trattamento era stato fatto in precedenza. Ma se dicessi di essere contrario in nome di uno sciocco animalismo sarei un illuso. E ancor più se mettessi in mezzo barbarie e maltrattamenti.
Il maltrattamento sommo è quello di acquistarne uno, e portato a casa ficcandolo in una gabbia. Nella quale trascorrerà buona parte della sua vita, pur con tutte le uscite e i timidi svolazzi in una camera d’appartamento.
Quindi, dal momento che tutti noi che amiamo gli animali scegliendo di prenderne uno per portarlo a casa stiamo già operando un maltrattamento, stiamo in realtà scegliendo di operare un compromesso. Un compromesso di portata gigantesca: per il piacere egoistico di godere della compagnia talvolta straordinaria che un animale può regalarci, violentiamo la sua natura.
Se abbiamo accettato questo compromesso abnorme, è del tutto inutile tirar fuori animalismo e barbarie quando si parla di remigranti tagliate.
Il caso di un animale che vola, è emblematico. Non c’è cosa più affascinante ed evocativa del senso della libertà dello spiccare in volo, cosa che abbiamo ammirato per secoli e secoli prima di tentare di emulare questa caratteristica esistente in natura costruendo marchingegni che lo facciano per noi facendoci provare quel senso di ebbrezza impagabile.
Gli uccelli volano, amici miei. Il loro cervello, il loro corpo, la loro vista e tutti i loro sensi si sono evoluti in funzione di questa cosa. Di una vita nell’aria.
Noi li mettiamo in gabbia, e non prendiamoci in giro dicendoci che la voliera o l’appartamento non siano solo una gabbia appena un po’ più spaziosa, ma di infima misura rispetto ai cieli del pianeta. È qualcosa il cui confronto è talmente impietoso da far sorridere.
Il taglio delle remigranti, se correttamente eseguito è del tutto indolore per l’animale. È realmente assimilabile al taglio di capelli e unghie per un essere umano.
La conseguenza non lo è affatto, su questo non ci piove, ma di cosa stiamo parlando? Tiriamo in mezzo la libertà, il volo, il privare queste creature della loro funzione più bella! Lo abbiamo già fatto amici, e senza tagliare nemmeno una piuma, quando abbiamo scelto di averlo.
Il taglio delle remigranti è solo una limitazione della capacità di volo. L’animale non potrà spiccare in volo verticale, ma potrà continuare a volare in orizzontale ed effettuare planate e atterraggi.
In sostanza potrà continuare a fare quello che fa già con le remigranti integre dentro un appartamento, cioè voli orizzontali e planate. O qualcuno vuole sostenere che il saltello dal divano all’armadio sia un volo verticale? Rassegnamoci, i nostri uccelli domestici non volano. Con o senza remigranti.
Ora io non ho mai tagliato una piuma come ho già detto, e non ho mai sentito l’esigenza di farlo coi miei pennuti, ma di qui a mettersi a condannare chi lo fa come se fosse un torturatore di animali ce ne corre.
A mio avviso è solo una misura preventiva della perdita del proprio pargolo. Leggo tutte le settimane, e dico tutte, post sui social con richieste di aiuto e laute ricompense per pappagalli volati via dalla finestra di inconsolabili proprietari.
Ora se uno è così sbadato, o se per qualunque ragione abbia condizioni avverse o difficoltà ad eseguire un costante controllo delle aperture di casa e dell’animale in stile Gestapo, è meglio che pianga la perdita e la morte sicura del proprio animale o che gli salvi la vita tagliando le remigranti? Un pappagallo perso è un pappagallo morto. E un pappagallo senza remigranti conduce uno stile di vita del tutto identico a uno con le remigranti integre, se parliamo di vita in appartamenti.
Quindi se qualcuno vuole farlo, purché si affidi a gente competente, lo faccia pure, personalmente non lo trovo affatto più scandaloso dell’atto di comprare un pappagallo.
Io non ho mai avuto l’esigenza di farlo per via delle condizioni ideali in cui mi sono trovato, ma mi rendo conto che i miei privilegi non sono universali. Magari ci sono famiglie numerose, bambini o ragazzi che entrano ed escono di continuo, persone con una vita sociale molto intensa e via vai di gente, o insomma tutta una serie di possibili condizioni che possono rendere problematico un controllo rigido e maniacale su porte e finestre, oltre che sull’animale. In tali condizioni se si possiede un pappagallo, che ripeto per l’ennesima volta è già un animale mutilato della propria essenza in quanto vive in un appartamento con una famiglia di umani e non nelle foreste pluviali solcando i cieli con uno stormo di propri simili, perché non dovrebbe considerare il taglio delle remigranti per salvaguardare il proprio animale?
Ho letto taluni paragonare tale pratica al famoso taglio di orecchie e coda ai cani, ma le due cose non sono nemmeno lontanamente accostabili. Quelli sì che sono maltrattamenti e barbarie, in primo luogo perché gli animali soffrono, sono interventi chirurgici in piena regola, pur con anestetici e precauzioni varie non c’è modo di impedire una sofferenza fisica, se non altro quella post-chirurgica. In secondo luogo la ragione di tali mutilazioni è ignobile, in quanto unicamente estetica e per nulla funzionale. In terzo luogo, sono interventi irreversibili.
Paragonarla al taglio di 3-4 penne, che poi ricrescono e senza alcuna pena per l’animale è da folli.
Mi viene da sorridere pensando a quanti pseudo-animalisti ho incontrato, possessori di graziosissimi gattini e dolcissimi cagnetti, viziati e coccolati, pronti a crocifiggere presunti aguzzini di animali, per poi sbafare crostacei al ristorante o cucinare vitellino da latte ai figli tra le mura domestiche, senza la benché minima riflessione sulla provenienza di quegli alimenti e le conseguenze che quello sfruttamento possa avere sul pianeta, sia dal punto di vista strettamente ambientale che di quello etico.
L’animalismo è una cosa seria, ed è difficile da realizzare in concreto. Davvero difficile, estremamente. Si tratta di scelte radicali che mutano per sempre lo stile di vita, dal cibo che si consuma, dalla spesa che si fa al supermercato e centinaia di altri aspetti che finiscono irrimediabilmente coinvolti quando si prende quella strada.
Quello che mi piacerebbe è che ci fosse un sentimento più consapevole, più razionale verso il mondo della natura in genere e di cui gli animali fanno parte.
Chi ne è capace e vuol essere animalista (o ambientalista che dir si voglia) fino in fondo, non possederà mai un animale domestico, e nemmeno ne mangerà. Si limiterà ad osservare la bellezza e maestosità delle creature del mondo nei loro contesti appropriati. Prenderà una strada dura e impervia e compirà scelte estreme ma coerenti con il proprio credo. Chi non fosse capace di tale integralismo, e io sono certamente tra questi anche se con rammarico, e quindi non in grado di rinunciare all’egoistico piacere che la compagnia di alcuni di questi esseri sa regalarci, si rassegni all’idea di essere e rimanere un animalista imperfetto. O forse, più correttamente, un amante degli animali e basta. E che sia conscio del proprio peccato originale, del maltrattamento sommo che consiste nel tenerne uno in casa. E che sia quindi in grado di distinguere, con tale consapevolezza, un vero mal-trattamento da un banale trattamento. Come il taglio delle remigranti.
Pace a tutti.
P.S. Non ho preso in esame qui la nuova frontiera del volo libero, attività che pare diffondersi sempre di più e che forse un giorno sarà la strada da percorrere per gli amanti di alcune specie di uccelli. Allo stato attuale però è un’attività non priva di rischi e molto difficilmente praticabile per tante persone, oltretutto non applicabile a tutte le specie di uccelli domestici ma solo a pochissime, pertanto lontana dall’essere una soluzione universale per lavare le nostre coscienze.